Bo burnham inside: un microcosmo in quattro mura

locandina del film

Compito dell’artista non è soccombere alla disperazione, ma trovare un antidoto per la futilità dell’esistenza.

-Gertrude Stein in “Midnight in Paris” di Woody Allen

E’ disponibile su Netflix dal 30 maggio 2021 “Bo Burnham: inside“, una commedia speciale scritta, diretta, fotografata, montata e interpretata da Bo Burnham. Lo speciale è stato girato nella casa dello stesso Burnham durante il lockdown senza troupe e pubblico. In poco tempo ha raggiunto la vetta delle tendeze di Netflix e tutte le persone che lo hanno visto sono rimaste incantate. Viene spontaneo chiedersi a questo punto: Qual è il segreto di “Inside”? Perchè piace a tutti?

Prima di partire con l’analisi bisogna fare una precisazione: userò la parola “film” per parlare di INSIDE, per convenzione, poichè siamo di fronte, più che a un film, a un gioiello di video-arte. La video-arte ha un linguaggio e dei codici stilistici e narrativi ben diversi dal cinema quindi non sarebbe appropriato usare il termine “film” per questo speciale.

La trama:

Parlare della trama è abbastanza superfluo dal momento che lo spettacolo è tutto improvvisato. Un uomo (Bo Burnham) cerca di fronteggiare la montonia e il piattume delle giornate in quarantena attraverso l’arte nobilissima e ghettizzata dello spettacolo.

L’analisi:

C’è una sorta di dogma che domina il mondo della narrazione: “senza complicazione non c’è narrazione”. Fateci caso, tutte le storie che conoscete e che vale la pena di raccontare hanno, come impalcatura, il superamento di una condizione avversa che in questo caso è proprio la reclusione forzata del lockdown. Il nostro Bo Burnham è costretto a fare i conti con se stesso, le sue paranoie, le sue repulsioni e idiosincrasie, tutto questo è “Inside”: un microcosmo detenuto in quattro mura che riflette la realtà esterna.

Il film è un alto concentrato di tutto ciò che ci hanno vomitato internet, i notiziari, i social, i profili fasulli, i “vincenti” nelle loro ville di lusso, gli influencer, i guru manipolatori, i gamer e qualsiasi tuttologo e complottista che ti rifila perle di saggezza trovate tramite lo scorrimento nella home di Facebook.

Una scena del film

Quasi la totalità della pellicola è pervasa da numeri musicali. Brani, inquadrature, cambi di formato, giochi di montaggio e interpretazione, tagli di luci netti, tutto oltre l’eccellenza. Ci sono un sacco di picchi di genialità come ad esempio la gag del gamer che deve giocare al videogame sul lockdown in cui ogni livello è caratterizzato dal piangere almeno quattro volte e tentare di uscire da una stanza che è bloccata e non da accesso all’esterno. Tutte le canzoni ci fanno ridere perchè sono parodie, iperboli (neanche troppo) della realtà che abbiamo vissuto durante il periodo di lockdown, come la canzone “White Woman Instagram” che è una esilarante caricatura del profilo-medio instagram di una teenager che si sente alternativa. Non ci credete? vi mostro alcune immagini della clip della canzone

Un’altra canzone geniale è “How the World Works” in cui Bo Burnham e il suo calzino spiegano su cosa poggia “l’equilibrio” del mondo: sullo sfruttamento, il genocidio e il sangue. Il tutto viene presentato su un motivetto allegro che fa da contrasto perfetto con la crudeltà del testo.

La paura di invecchiare, la consapevolezza dell’immaterialità dei rapporti che hanno picchi solo con il Sexting. Ogni canzone è un tassello indipendente e allo stesso tempo legato al successivo a tal punto che il nostro Bo ci ha regalato l’album direttamente su Spotify.

La tracklist che compone il film

Le conclusioni:

Ho aperto la recensione con una citazione di “Midnight in Paris” che mi sembrava calzasse a pennello per esemplificare al meglio la componente artistica del film. Come nobilitare delle giornate futili di reclusione forzata se non con l’arte, che nel film ci viene mostrata come un vero e proprio antidoto naturale ad una condizione innaturale. Inside incanta, emoziona e fa piangere perchè noi abbiamo vissuto lo stesso disagio del protagonista, anche noi abbiamo avuto un anno di videochiamate che andavano a scatti, sexting e paranoie. La maggior parte di noi si è lasciata schiacciare da tutta questa situazione e c’è chi invece, come Bo Burham, è stato in grado di trarne qualcosa di unico e irripetibile. Perciò mi viene spontaneo chiedervi alla fine: esiste un’opera d’arte, di cui vale la pena parlare, che sia frutto della felicità?

Inside è una retta parallela rispetto alla felicità, il film ci viene presentato con il sorriso ma percepiamo nella pellicola il malessere del suo creatore che in una sequenza scoppia a piangere realmente, non come aveva fatto qualche minuto prima nel videogioco.

Insomma, se non lo avete ancora fatto fatevi questo regalo e guardate “Bo Burnham: Inside”, vedrete la casa di un comico diventare teatro di un mondo sottosopra, agitato da acque mosse da una pandemia. Inside è un capolavoro e dimostra ancora una volta che l’arte non è una cosa che può fare chiunque e, forse, è anche questo che gli artisti veri si riconoscono più facilmente di quelli finti.

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