
Quante volte vi è capitato di osservare i vostri divi su un red carpet? Quante volte avete sognato di diventare come loro? Quante volte, davanti allo specchio del bagno, sotto la luce, avete fatto il vostro discorso per ringraziare l’Academy per avervi dato un’oscar?
Il mondo illuminato dai riflettori ha un fascino che tutti vorremmo sperimentare almeno una volta, ma è nelle zone esterne a quella luce che si può scovare la verità. L’articolo di oggi è un viaggio nei meandri di Hollywood; lontano dalle luci artificiali delle passerelle. Attraverso 5 grandi film che hanno anticipato profeticamente alcune dinamiche dello star-system evidenzieremo il lato più crudele e nefasto della “foresta di agrifogli”.
Nascita dello Star-System e le prime dive del cinema: Florence Lawrence e Peg Entwistle
Florence Lawrence Peg Entwistle
Molte furono le persone che a partire dalla nascita di Hollywood apparirono sui grandi schermi dei cinema, una di queste fu una donna canadese: Florence Lawrence che nel 1906, a soli 20 anni girò il suo primo film, nel giro di un anno la giovane Florence aveva girato ben 37 pellicole come attrice.
Florence era stata scritturata dalla Vitagraph (la vecchia Warner Bros per capirci) ma un giorno fu notata dal capo della Biograph: David Wark Griffith, che cercava una donna che sapesse cavalcare per un suo film. All’epoca gli attori non venivano mai citati nei titoli di un film (perché i proprietari delle case di produzione temevano che la popolarità potesse stimolare gli attori a chiedere dei compensi più alti), fu per questo motivo che Griffith ci mise un po’ per ritrovare Florence per poi fissarle un appuntamento. Alla Vitagraph, lei prendeva 20 dollari alla settimana: Griffith gliene offrì 25 e Florence passò alla Biograph. Nel 1908, con Griffith girò almeno 60 film.
Chiusa la parentesi con la Biograph, Florence Lawrence firmò con la IMP, la casa di produzione di Carl Laemmle, il quale promise di fare di lei la prima interprete con il nome sulle locandine di un film. Il produttore, per pubblicizzare la sua diva, fece girare la voce che Florence era rimasta uccisa in un incidente stradale a New York. Dopo aver attirato l’attenzione dei media, pubblicò sui giornali una smentita accompagnata dalla foto della Lawrence. Le didascalie dicevano che l’attrice era viva, che stava bene e che fosse in procinto di girare The Broken Oath, il nuovo film della IMP. Nacque cosi lo star-system e il nome di Florence Lawrence divenne familiare a tutto il pubblico cinematografico.
Dopo questo episodio la carriera di Florence Lawrence sembrava ormai lanciata; in realtà era appena iniziato il suo declino. La discesa dell’attrice canadese fu rapida e crudele.
Nella primavera del 1916 lo stress lavorativo la portò a gravi conseguenze sul piano della salute, tanto che passò i successivi quattro mesi a letto, paralizzata. Quando tornò in forma, nel 1921, l’industria cinematografica si era rapidamente e profondamente evoluta, e ormai poche persone si ricordavano di lei. Nel 1929 fu colpita dalla morte della madre, a cui seguì una lunga depressione. Sola e depressa venne trovata nel suo appartamento dopo aver ingerito dell’insetticida: fu la prima vittima della macchina di Hollywood.
Peg Entwistle:
La storia di Peg Entwistle è più famosa e quasi contemporanea a quella di Florence Lawrence. Nel 1932 Peg prende parte ad un vero flop cinematografico, si tratta del film “Thirteen women”, dove recitò una piccola parte. A causa del fiasco al botteghino il contratto di Peg non venne opzionato, l’America era nel periodo della grande depressione e l’attrice non riuscì più a trovare alcun lavoro. Il 16 settembre 1932, all’età di 24 anni, si tolse la vita gettandosi dalla prima lettera della celebre scritta gigante che sormonta Hollywood in Los Angeles. Fu la prima a scegliere tale morte, facendo poi della scritta un trampolino di suicidi tristemente famoso. Il motivo del suo tragico gesto si dimostrò essere dovuto alla perdita del lavoro. Il suo corpo fu rinvenuto due giorni dopo.
Questi sono i due esempi più iconici con il quale era doveroso cominciare per introdurre al meglio un argomento vasto e ostico. Ora vediamo in rassegna i 5 film contro il Divismo hollywoodiano.
1) Viale del Tramonto di Billy Wilder (1950)

Impossibile non inserire in questa lista un capolavoro come “Sunset Boulevard”, uno dei film più belli della storia del cinema. La pellicola di Wilder era una feroce satira nei confronti dello star-system tanto che il film causò un forte malcontento nello show business: Louis B Mayer, il dispotico capo della MGM, sottolineò il disappunto che provava nel vedere Wilder criticare l’industria che gli dava da vivere.
Il film è ambientato in un periodo di rivoluzione per Hollywood: il sonoro ormai dilagante ha reso le star dell’epoca del muto qualcosa di obsoleto e inevitabilmente superato, quindi tramontato. La protagonista della pellicola è Norma Desmond (Gloria Swanson), una diva del cinema ormai decaduta e dimenticata; è talmente assuefatta dai riflettori a tal punto da autoconvincersi di essere ancora una stella che brilla di luce propria, la realtà è che il mondo del cinema l’ha dimenticata e quella luce destinata a spegnersi in un grottesco e fantastico finale.
Billy Wilder in questo film assembla un cast che pur recitando, mette in scena una verità: la verità dietro il sipario. Nel cast primeggia la già citata Gloria Swanson, che, proprio come il suo personaggio era assente dagli schermi da vent’anni. Il suo maggiordomo è il maestro indiscusso del cinema muto Erich Von Stroheim, poi abbiamo le varie comparse di Buster Keaton, Cecile de Mille, Hedda Hopper. Il film attraverso una lucida struttura metacinematografica (cinema che parla di cinema) profetizza attraverso iperboli e metafore, il limbo in cui si ritrovano tutte le star finite nel dimenticatoio, disposte a qualunque cosa pur di ritrovarsi ancora una volta come oggetti privilegiati di un’industria che oltre a produrre sogni crea ossessione e conflitto.
C’è una scena in particolare che esemplifica meglio di qualsiasi parola questo senso di assuefazione dei riflettori ed è l’arrivo di Norma alla Paramount
In questa sequenza, dopo l’arrivo alla Paramount, Norma entra negli studios e nessuno la nota, tutti sono presi dal girare quando ad un certo punto, dall’alto, un operatore delle luci attempato si ricorda di lei, la soggettiva della Swanson va verso l’operatore che punta il riflettore centrale proprio su di lei; il fascio proiettato sembra restituirle vigore, fama e addirittura salute a tal punto che subito viene circondata da un nugolo di persone che si ricordano di lei. In quel momento esatto, il regista infastidito da Norma ordina all’operatore di spostare il faro che si porta via con se tramite quel movimento tutto lo sciame di persone che l’avevano circondata e adorata come una divinità.
La chiave di lettura del film è racchiusa in questa clip. Questa è la fama per Billy Wilder: un gruppo di sconosciuti orientati dai riflettori come fossero stelle polari, pronti a seguire le luci e non chi viene temporaneamente illuminato da esse.
2)Che fine ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich (1962)
Baby Jane e la bambola Jane e la bambola
Accolto con grande successo sia critica e pubblico, il film di Aldrich fu presentato al festival di Cannes del 1963 ricevendo ben 5 candidature e il premio Oscar e nel 2003, il personaggio di Jane interpretato dalla fantastica Bette Davis è stato inserito al 44° posto nella classifica dei migliori cattivi della storia del cinema.
Che fine ha fatto Baby Jane è un film girato quasi completamente in interni ed è la storia di Jane Hudson, una bambina prodigio che nel 1917 grazie alla sua bellezza e alle doti canore, si esibisce nei teatri di vaudreville negli Stati Uniti, insieme a suo padre, il quale, oltre ad essere il suo manager la accompagna come pianista sul palcoscenico.
Il successo è tale che viene creata una bambola in porcellana: la Baby Jane Hudson. Le bambole vanno a ruba e ben presto Jane assume atteggiamenti da star viziata e capricciosa, trattando tutti in modo altezzoso e sprezzante, specialmente la sorella Blanche.
Lo scenario cambia completamente quando le due sorelle crescono. Con l’adolescenza infatti, Jane perde tutta la freschezzaal suo modo di ballare e recitare non incontra più il favore dei produttori e per lei iniziano i fiaschi che la portano a darsi all’alcol: si presenta spesso ubriaca sul set causando vari problemi e finisce così la sua carriera artistica. Blanche, divenuta intanto bellissima, diventa invece una delle attrici più brave, acclamate e pagate nello star-system hollywoodiano. Memore di una promessa fatta alla madre, la ragazza cerca comunque in tutti i modi di risollevare la carriera della sorella, arrivando a imporre ai propri produttori di garantire un certo numero di film anche a lei. Una sera del 1935 Blanche si frattura la colonna vertebrale ed è costretta per il resto dei suoi giorni su una sedia a rotelle, interrompendo tragicamente la sua brillante carriera.

Il film di Aldrich è di una bellezza estetica che tanti hanno cercato di replicare. La sua macchina da presa è l’elemento in più all’interno di un microcosmo malato, sadico e perverso. La casa delle sorelle Hudson diventa un palcoscenico silenzioso di tensioni e segreti. Lungo tutto il percorso della pellicola assistiamo impotenti alle sevizie che Blanche riceve da parte della sorella gelosa dei suoi successi e dei suoi ammiratori.
Tutto ciò che è rimasto a Jane della sua gloria rapida e flebile è proprio la sua Baby Jane che erge a feticcio la quale evidenzia (in negativo) per contrasto il suo aspetto attuale.
Nella parte centrale del film osserviamo impotenti ad una serie di violenze psicologiche che subisce Blanche e il tentativo da parte di Jane di ritornare in scena proponendo lo spettacolo che negli anni ’10 l’aveva resa celebre.
In questa scena vediamo Jane esibirsi nel brano che l’aveva resa famosa. Bette Davis parte mettendosi in una posa innaturale tipica di una bambola, i contorni dell’inquadratura sono cupi e in campo medio l’obiettivo è dominato da Bette Davis. Appena parte la canzone la macchina da presa è fissa, in controcampo rispetto all’attrice ed è su cavalletto a riprendere Jane attraverso lo specchio, uno stacco di montaggio netto e la macchina da presa si avvicina ancora di più sempre in controcampo, tuttavia grazie all’utilizzo dello specchi l’inquadratura presenta sia il controcampo (Bette davis di spalle), sia il campo ( Bette Davis riflessa nello specchio). La voce tenera e soave è diventata una cantilena malata, noi spettatori lo capiamo e vorremmo attraversare lo schermo per farlo capire anche a Jane, ma non possiamo.
A questo punto Aldrich pone lo sguardo della macchina da presa come se fosse la soggettiva dello specchio con le luci sotto esattamente come si fa nei teatri, questo genera un cortocircuito perché noi spettatori notiamo che, per quanto Jane (e Aldrich quindi) si sforzi di ricreare la magia degli spettacoli a teatro, la sua carriera è finita.


Studente di scienze della comunicazione dei media e cinema, appassionato di arte in tutte le sue forme specialmente la settima.