I maestri del cinema Episodio 2: Buster Keaton e l’arte della Gag

Breve cenno storico:

Il cinema comico americano si identificò per una decina d’anni, con la <<scuola>> di Mack Sennett. Quando tuttavia, sulla fine degli anni Dieci, alcuni comici si affermarono per una maggiore autonomia creativa, a cominciare da Charlie Chaplin, la lezione di Sennett fu in gran parte superata e nacque un nuovo cinema comico, la cui grande stagione furono gli anni ’20.

Abbandonati progressivamente i semplici ingredienti che formavano la materia prima del cinema senettiano (le fughe, gli inseguimenti, le torte in faccia, il ritmo sincopato della narrazione) si andò imponendo sempre più il personaggio, caratterizzato non soltanto nel suo aspetto esteriore, ma anche la sua dimensione umana e psicologica.

Mentre la scuola di Senett continuava a sformare attori che, in termini più o meno aggiornati, proseguivano la lezione del maestro con risultati a volte notevolissimi, altri, sulla scia del successo di Chaplin, si andavano affermando presso la critica e il pubblico di tutto il mondo con una serie di film di lungometraggio che rivaleggiavano, per impegno produttivo e artistico, con quelli chapliniani.

Uno dei principali artefici di questa nuova comicità fu proprio il protagonista di questo “episodio”: Joseph Frank Keaton, soprannominato “Buster” dal celebre mago Harry Houdini dopo una violenta caduta che commentò con: <<What a buster!>> (che bel capitombolo).

E’ un pò difficile descrivere in poche parole chi sia Buster Keaton perciò vi lascio un breve commento di Orson Welles su di lui:

Il Cinema di Buster Keaton:

Keaton esordisce nel 1917 nel cinema, a fianco e sotto la guida di Roscoe (Fatty) Arbuckle, che aveva lasciato Sennett per dirigere e interpretare brevi comiche per la Paramount. In tre anni Keaton si affermò tra i migliori comici americani e cominciò cosi una carriera artistica che si svolse e concluse nel giro di un decennio appena; ma fu una carriera folgorante. Keaton interpretò, e spesso diresse da solo o in collaborazione con altri registi, una dozzina di lungometraggi e una ventina di cortometraggi prima che cominciasse, con il 1929, la sua decadenza.

La pubblicità cinematografica dell’epoca lo definì <<L’uomo che non ride mai>> o <<L’uomo dal volto di pietra>> <<Great stone face>>. Tutto ciò non escludeva di certo il successo di pubblico: i film di Keaton facevano ridere, erano pieni di gags divertenti, nelle statistiche degli incassi alcune volte erano molto vicini e a volte superiori ai contemporanei film di Chaplin e di Lloyd. Ma Keaton, se fu sempre applaudito e seguito da un folto pubblico, non fu profondamente amato e capito, se non da una ristretta cerchia di ammiratori.

La recitazione e la Slapstick:

La sua recitazione era quasi innaturale, gli sviluppi delle sue avventure, cosi lineari e meccaniche, il rapporto di disarmonia tra il personaggio e lo spazio sempre eccessivo, si pongono su un piano espressivo al quanto differente da quello degli altri comici suoi contemporanei, di cui condivideva grandi doti acrobatiche.

Più che all’apparenza delle cose, a Keaton interessa la loro essenza. Da qui quel suo carattere antidrammatico, anti-narrativo e persino antipsicologico e antimoralistico, che venne scambiato per freddezza, per un gioco puramente intellettuale, per raffinatezza estetica; lontano da un’adesione sentimentale ai fatti della vita, alieno anche da un atteggiamento critico nei confronti di situazioni esistenziali, in una posizione che si potrebbe definire di <<Atarassia>> di fronte alle vicende umane, egli appare nella sua solitaria figura di osservatore del mondo e della società.

Piccolo omaggio delle gags più esilaranti di Buster Keaton

Il cameraman (1928)

Una scena del film

Il cameraman è uno dei primi film che parlano di “come si fa il cinema”: metacinematografico, malinconico e dal grande concentrato di comicità targata Buster Keaton.

La trama:

Innamoratosi di Sally, segretaria alla MGM, il fotografo Luke acquista una cinepresa per farsi assumere dalla casa di produzione. Data la sua inesperienza, presto diventa lo zimbello degli altri cameraman e vede svanire il proprio sogno d’amore. Con l’aiuto di una scimmietta dispettosa riesce però a riprendere una sparatoria a Chinatown e il soccorso da lui prestato a Sally svenuta in mare, conquistato cosi un lavoro e il cuore dell’amata.

L’analisi del film:

A suscitare soffuse e dolci emozioni nello spettatore è la mimica di Keaton, che riesce appieno a restituire i moti dell’animo umano. Poche, misuratissime e quasi impercettibili espressioni del volto permettono a Keaton di utilizzare al meglio la sua vena comica e romantica dando vita a una serie di gags umoristiche precorritrici del moderno cinema comico (Jackie Chan e anche Wes Anderson riprenderanno molto da Keaton).

Molte sequenze memorabili, girate soprattutto in esterni a New York grazie al notevole budget fornito dallla MGM, fanno di “The cameraman” uno dei film più inventivi di Keaton. Tra queste, la gag famosissima in cui il malinconico Luke scivola su una buccia di banana per strada, la sparatoria tra bande a Chinatown, la partita di baseball giocata dal solo Keaton come se fosse filmata dalla cinepresa.

La scena famosissima della partita di Baseball

Presente già ne “Palla n°13” (altro capolavoro di Keaton del 1924), viene qui ripreso il tema del cinema e dei suoi rapporti con il reale. In tal modo viene sottolineata l’estraneità del protagonista rispetto al mondo e l’impossibilità per lui di vivere in esso, come appare evidente, nelle scene in cui è soffocato da una folla che non riesce a controllare nemmeno con la macchina da presa. Emblematica e malinconica è anche la scena in cui Luke, nella sala di proiezione della MGM dove direttore, segretaria e altri cameraman guardano le riprese da lui realizzate, Keaton è il solo seduto in prima fila, mentre tutti gli altri ridono letteralmente alle sue spalle.

L’unico sguardo di compassione partecipe è quello di Sally, che però in quel momento Luke non può vedere. Nella pellicola è presente anche una componente satirica, come le forme estreme dell’avanguardia più intellettualistica e, dall’altro, una modalità di ripresa del reale cosi banale da poter essere firmata addirittura da una scimmia. Anche il mondo Hollywoodiano cade cosi sotto i dardi della forza polemica di Keaton, all’interno di una riflessione che mostra il cinema sia come documento veritiero della realtà sia come suo doppio, spesso falso.

L’avvento del sonoro e la crisi di Keaton:

In “Sunset Boulevard” di Billy Wilder (1950) è presente una scena in cui sono riuniti divi del cinema muto ormai decaduti con il sonoro, tra questi c’è proprio un tristissimo Buster Keaton.

La scena della partita a Bridge di “Sunset Boulevard”

L’avvento del sonoro cambia le carte in tavola sul piatto del cinema Hollywoodiano: la mimica facciale, l’enfasi della recitazione erano ormai considerate obsolete e insieme a loro tramontarono anche molti dei protagonisti del periodo muto tra cui il nostro Keaton. “Viale del Tramonto” è il film più profetico e realistico che rappresenti questa sofferenza.

Keaton negli anni ’30 interpretò ancora sei lungometraggi e, a partire dal 1935, comparve in una trentina di cortometraggi di scarso valore; la sua stagione era ormai compiuta…anche lui era destinato ad abitare nel viale del tramonto. Quando morì nel 1966, dopo aver interpretato lo sperimentale “Atto senza parole” in cui si narra la storia di un uomo che non vuole mostrarsi poiché da ormai troppo tempo fuori dal mondo cinematografico, la sua grande arte comica era stata dimenticata: né la sua lezione di stile, d’un rigore assoluto era stata appresa come meritava.

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