QUANDO IL “CINEMA” VENNE ALLA LUCE

Provate ad immaginare di viaggiare nel tempo e di ritrovarvi il 28 dicembre 1895 a Parigi, in una sala insieme ad altre persone e che un treno stia arrivando dritto verso di voi. Che cosa fareste? Certamente, provereste a dire alla folla in delirio, in fuga o nascosta sotto le sedie che si tratta di un semplice filmato proiettato su un piccolo schermo. Ma chi sapeva allora che cosa fosse il cinema?

Scena tratta da “Superfantozzi” (1986).

Sono passati centoventicinque anni da quella data simbolica. Più di un secolo di progresso tecnico e di capolavori firmati da grandi artisti. E tuttora la settima arte, o quella che a me piace definire “una sublime fusione delle precedenti”, continua a meravigliare tutto il mondo. Non basterebbe un solo articolo per raccontare il cosiddetto “cinema muto”, che segnò il periodo tra il 1895 e il 1927, quando le immagini presero la parola, o meglio iniziarono a strimpellare e a canticchiare ne “Il cantante di Jazz” (1927). I film dei primi dieci anni, non avevano la classica durata da lungometraggio che intendiamo noi oggi. Erano corti o mediometraggi.

Il film di cui si parlava prima, è “L’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat” (1896), dei fratelli Lumiére. É spesso citato nell’immaginario collettivo come “il primo film della storia”. Però non venne proiettato il 28 dicembre, bensì nove giorni dopo. Auguste e Louis furono solo gli ultimi protagonisti di decenni di studi, finalizzati alla ricerca di un modo per far “muovere le immagini”.

I Lumière produssero quarantuno film, o meglio dire ai giorni nostri “corti”, fino al 1905 e contribuirono ad un breve periodo nel quale il cinema poteva impressionare la folla semplicemente proiettando immagini quotidiane, riprendendo diverse volte il metodo pittorico “en plein air”. Ne è un esempio il lavoro proiettato per primo insieme ad altri dieci, il famoso 28 dicembre 1895: “L’uscita dalle officine Lumiére”. I due erano infatti imprenditori industriali.

Da ciò si evince che il cinema, nacque già nelle teste dei possessori della tecnologia come vera e propria industria in potenza. Una pura attrazione da fiera. Quando Georges Méliès, chiese ai Lumière di poter acquistare il “cinematografo”, questi rifiutarono. Fortunatamente, riuscì a farsene costruire una copia da un ingegnere e così divenne colui che conosciamo oggi.

Il pubblico iniziò ad abituarsi ai film che non avevano nessuna narrativa e la “novità” cominciava a non avere più effetto. Ed è qui, che nasce il cinema fantastico e fantascientifico di Méliès. Il perfetto esempio è “Viaggio sulla luna” (1902). Sicuramente tutti conoscono l’immagine del razzo che atterra perfettamente e assolutamente non in modo alquanto brusco, su un occhio della luna. A Méliès vanno attribuite inoltre enormi invenzioni di effetti speciali, nel teatro dove creava le sue opere, costernate di meravigliosi fondali dipinti. Lì, avveniva la magia. Grazie a dei tagli e a delle sostituzioni tra un take e l’altro, le cose scomparivano e riapparivano e poi ne apparivano di altre.

“Viaggio sulla luna” (1902). Considerato il primo film di fantascienza.

Pensate che i film, intesi come cinema, fossero tutti in bianco e nero? Ebbene no. Infatti prima dei grandi progressi nella cinematografia a colori che hanno creato pellicole come “Il mago di Oz” (1939) di Fleming, talvolta queste venivano colorate a mano. Fotogramma per fotogramma. Sono diversi gli esempi, tra cui vorrei citare “Gli allegri scherzi di Satana” (1906) e forse – insieme a “Viaggio sulla luna” – il capolavoro del cineasta francese: “Viaggio attraverso l’impossibile” (1904). Non solo la pellicola è un capolavoro tecnico e visivo, ma la storia e il ritmo della narrazione sono decisamente visionari per l’epoca. Quella che vedete qui sotto è l’invenzione dello scienziato pazzo protagonista: un mezzo che racchiude tutti i mezzi di trasporto e che farà viaggiare lui e i suoi compagni in qua e in là per il mondo e oltre.

La nascita dell’industria del nuovo tipo di cinema narrativo vide come principali protagonisti in Europa, la società di produzione francese “Gaumont” per la sua vasta produzione e la cosiddetta “Scuola di Brighton”. La segretaria dell’imprenditore Lèon Gaumont inoltre, si guadagnò grazie al suo talento un posto nella produzione e diventò la prima regista donna della storia. Alice Guy ha diretto più di 400 film, purtroppo non attribuiti e molti perduti.

La scuola di Brighton vanta registi come George Albert Smith, di cui è doveroso citare “Grandma’s reading glass” (1900) che insieme al suo “As seen through a telescope” dello stesso anno, inaugura l’inquadratura “soggettiva”. Il cinema inglese di quegli anni, ricchissimo di nuove inquadrature che oggi sono all’ordine del giorno. Dettagli degli oggetti, con conseguente dilatazione del tempo scenico e la frammentazione di una scena in più inquadrature. Infatti prima di loro, solitamente si usava riprendere l’intera scena con un piano fisso, con una conseguente somiglianza al teatro. Ma del resto tutto il cinema muto, seppur con i suoi cambiamenti, ha avuto da sempre una “impostazione teatrale”, basti pensare alla recitazione.

Soggettiva del nipotino dell’occhio della nonna.

Il secondo protagonista della scuola inglese è James Williamson, regista di un piccolissimo film molto particolare a cui personalmente sono molto affezionato, per la sua linea narrativa comica . Non solo è impressionante il livello di sperimentazione, ma denota anche la forte “morale vittoriana” dei film inglesi. Si tratta di “The big swallow” (1901) nel quale un passante ingoia letteralmente il regista invadente e la sua macchina da presa! Ed è qui, che un piano medio diventa primo piano, per poi diventare primissimo piano, per poi muoversi liberamente con maestria verso il finale.

Insomma, la concorrenza era accesa, e ne faceva parte anche Edison, sì… l’inventore della lampadina. Anni prima del cinematografo, aveva inventato il “cinetoscopio”. Era una scatola di legno con un foro, nel quale si metteva l’occhio e si vedeva la pellicola in movimento. Ma così, non sarebbe nata l’esperienza collettiva della sala e gli incassi sarebbero stati alquanto scarsi.

In ogni caso, ben presto (già dal 1896) queste straordinarie, bizzarre e visionarie pellicole iniziarono a viaggiare in tutto il mondo, proprio come in un’avventura di George Méliès, dipinto meravigliosamente tra l’altro dal maestro Martin Scorsese in “Hugo Cabret” (2011).

“Nuovo Cinema Paradiso” (1988), di Giuseppe Tornatore.

E nonostante tanti periodi bui, morti, di crisi e di dubbi… eccolo qua, il cinema. Che resiste luminoso anche in tempi drammatici come quelli che stiamo vivendo oggi.

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