
Lo scorso 24 giugno ho avuto modo di visionare in anteprima al Far East Film Festival di Udine, 800 eroi, il film cinese di Guan Hu che nel 2020 ha incassato ben 471 milioni di dollari, diventando il maggior incasso per un film NON-Hollywoodiano in Cina, nonchè il maggior incasso per un film in generale in quell’anno (a causa della pandemia ovviamente).
Non sono solito dare peso alle questioni economiche quando si tratta di film o di Cinema, poiché sono fermamente convinto che non siano i riconoscimenti o gli incassi a valorizzare un’opera e il suo creatore. Tuttavia questo “800 eroi” è una pellicola che da questi dati può dimostrare che il cinema è, ancora oggi, nell’era dello streaming, dell’ondemand, un’arte che va fruita per sua natura in sala.

“The eight hundred” si presenta subito come un epos in tutti i compartimenti tecnici: produzione da 80 milioni, girato interamente in IMAX, narrativamente molto retorico, fotografia patinata (in alcuni punti la color correction snatura tutti i colori), regia frenetica, montaggio parallelo e alternato dinamico, durata oltre le due ore. L’impostazione è quella di un blockbuster con diverse componenti che sembrano avere un taglio e una “contaminazione” molto occidentale, molto hollywoodiana.
La trama:
Shanghai, 1937. Sulla sponda meridionale del fiume Suzhou la vita nelle Concessioni Internazionali (le zone della città cinese sotto controllo amministrativo straniero) prosegue come sempre, tra spettacoli di cabaret, giocate al casinò e alberghi pieni di giornalisti occidentali.
Ma al di là del fiume, la città è stata quasi rasa al suolo dall’esercito giapponese che sta occupando la Cina. Uno dei pochi edifici ancora in piedi, proprio sulla riva del fiume, è un grande deposito di armi, il magazzino di Si Hang: ed è lì che 800 soldati cinesi delle truppe nazionaliste di Chiang Kai-shek (in quel periodo alleate con i comunisti di Mao contro il nemico comune) si asserragliano, nel disperato tentativo di resistere alle forze nemiche che li assediano e li colpiscono spietatamente, mentre dall’altro lato del fiume le persone assistono a questo agghiacciante spettacolo bellico con crescente partecipazione. Anche patriottica.
L’analisi:
La storia di “800 eroi” è una storia vera, più volte rivendicata come tale dalle didascalie iniziali e finali. L’episodio noto come “l’assedio di Shangai” è un’episodio chiave della storia della resistenza cinese all’invasione nipponica (seconda guerra Sino-Giapponese). Guan Hu non ha alcuna remora a palesare e ad abbracciare la retorica patriottica nella storia che racconta, concedendosi anche scavallamenti nel mélo.

L’analisi del film è possibile su tre livelli diversi, da un lato c’è l’aspetto drammaturgico: un manipolo di poche centinaia di soldati deve resistere all’assedio all’interno di un diroccato deposito per fermare l’avanzata nipponica. Il secondo aspetto è quello tecnico: la regia di Guan Hu è cosi preponderante e invasiva, da rendere l’esperienza bellica nella sua essenza più brutale, in cui ogni vita è precaria, la potenza delle immagini evocate subordina i dialoghi e le componenti retoriche. La macchina da presa è una scheggia che si muove in maniera frenetica con una precisione calibrata in ogni movimento, Guan Hu utilizza spesso il piano sequenza e il long take, le carrellate e le inquadrature a piombo. Infine c’è l’aspetto propagandistico: il film, nel secondo e terzo atto svela le carte e si trasforma in un manifesto di elogio e onore alla patria. La guerra è una lotta da ricordare, il nemico un avversario che va fermato con ogni mezzo possibile ed è giusto morire per la patria.
Questi tre aspetti alcune volte godono di autonomia, altre volte sono in dialogo, rendendo 800 eroi un film riuscito, ma forse un po’ troppo chiuso negli schemi narrativi che diventano molto ridondanti, con iperboli che non restituiscono la minima credibilità storica di alcune scene eccessivamente cariche: sia visivamente, sia narrativamente.

“Quando sarò polvere, mi vedrai sorridere”
l’impalcatura narrativa di “800 eroi” ha come pilastro centrale lo schema che si muove sull’asse “BUONI DENTRO” – “CATTIVI FUORI”. Sono numerose le pellicole americane che hanno utilizzato questa impostazione: Cane di paglia di Sam Peckinpah, Distretto 13 di John Carpenter, La notte dei morti viventi di Romero (non è un caso che in alcune scene i nemici cadano e si muovano come zombie) giusto per citarne alcune. Questo sistema rende il film di Guan Hu, un’esperienza visiva che punta su un solo personaggio: la collettività. Gli sprazzi di eroismo individuale, sono sempre bilanciati dall’esaltazione dello sforzo comune.
L’elemento più efficace del film è sicuramente la fotografia, che rende cromaticamente la dicotomia tra il mondo al di là del fiume Suzhou, caratterizzato da benessere, lusso e feste, raffigurato con un’aura quasi irreale e paradisiaca (la palette cromatica della fotografia è innaturale infatti) e il mondo plumbeo e mortifero antecedente al fiume.
Il fiume Suzhou diventa cosi il confine naturale tra la vita e la morte, tra onore e disonore (alcuni disertori infatti proveranno a sfruttare il fiume per darsi alla fuga).
Le conclusioni:
Il film è stato paragonato a 1917 di Sam Mendes, cosa che ritengo fuorviante ma soprattutto non vera, “800 eroi” è un film che non fa del virtuosismo tecnico l’elemento più illuminato e ostentato, la regia viaggia di pari passo con la sostanza, con alcune sequenze che sembrano avvicinarsi più alla logica del videogioco dalle meccaniche FPS (first person shooter), per tutta una serie di aspetti che ho cercato di sviscerare al meglio, senza spoiler ritengo il film di Guan Hu un’esperienza visiva senza precedenti. L’unico accostamento che mi sento di fare a livello di regia è quello della scena iniziale dello sbarco in Normandia ne “Salvate il soldato Ryan” di Spielberg. I difetti che presenta la pellicola sono quasi tutti a livello di scrittura più che di messa in scena. Dopo il primo atto epico e crudele, il film arresta il ritmo da cardiopalma e si perde in moralismi e retorica troppo dozzinale. Questi difetti, tuttavia, sono prontamente bilanciati da altre scene epiche che sullo schermo restituiscono ancora più pathos.
“800 eroi” è un film sulla resistenza cinese, uscito in un momento storico in cui la Cina doveva far fronte alla minaccia del Covid-19, anche per questo, il film preme molto sulla componente propagandistica per far leva sullo spirito nazionalista cinese che nel 2020 ha subito un duro colpo. Forse è anche per questo motivo che il film sacrifica volontariamente momenti di alto cinema per farli diventare solo momenti di ode alla Cina stessa.
I titoli di coda:
Le didascalie finali palesano in maniera molto poco velata l’astio cinese nei confronti dell’invasore giapponese, vantandosi delle cifre dei morti e dei feriti che la Cina ha inflitto valorosamente. Per questo motivo il film è stato seguito da un corollario di polemiche e censure: pare infatti he la ferrea censura asiatica abbia bloccato la pellicola per oltre un anno, a causa di una visione troppo “morbida” dell’esercito giapponese e delle sue maestranze. Nulla che non ne abbia poi alimentato il mito, con la vietatissima ricerca da parte dei cinefili più accaniti dei 13 minuti epurati dalla versione finale.

Studente di scienze della comunicazione dei media e cinema, appassionato di arte in tutte le sue forme specialmente la settima.