
Un film tratto da una sconcertante storia vera avvenuta negli Stati Uniti, in cui si raccontano gli omicidi ad opera di un infermiere serial killer.
Tobias Lindholm con The Good Nurse si concentra sugli ultimi omicidi commessi da Charlie Cullen (Eddie Redmayne) e, di come una sua collega (Jessica Chastain) sia riuscita a porre fine alla sua follia.
Trama
Amy lavora in ospedale, è un’infermiera molto professionale e gentile con i pazienti. È cardiopatica, spesso è costretta a fermarsi per riuscire a calmare il cuore e, quando non può farlo, tiene duro per non venir meno ai suoi doveri. Ha due figlie piccole e teme che il suo male le impedisca di vederle crescere. A lavoro non può dire di essere malata, la rimanderebbero a casa, deve aspettare qualche mese per riuscire ad ottenere l’assicurazione sanitaria.

Quando Charlie comincia a lavorare nel suo stesso ospedale entra subito in sintonia con lei, parlano molto e mangiano sempre insieme. In terapia intensiva iniziano ad esserci delle morti sospette, che destano l’interesse della polizia. Dapprincipio Amy rifiuta di credere nella colpevolezza di Charlie, è sempre stato buono con lei. Dopo avergli confidato il suo segreto, Charlie ha iniziato ad essere ancora più presente nella sua vita, dimostrandosi estremamente premuroso con lei e le sue figlie.

L’ospedale tenta di coprire gli omicidi di Charlie depistando la polizia, licenziando l’infermiere con una banale scusa permettendogli di trovare un nuovo impiego senza problemi. A questo punto Amy decide di collaborare con la polizia, cercando di ottenere una confessione dall’amico, il quale rivela di aver commesso molteplici omicidi prima di allora. Anche negli altri ospedali sospettavano di lui, eppure nessuno ha mosso un dito per farlo arrestare. Faticosamente Charlie stipula una lista delle sue vittime, il movente tuttavia non è mai stato rivelato.
Recensione di The Good Nurse
Un film in grado di far venire la paura per gli ospedali anche a chi non ne ha. Una costante in The Good Nurse è l’atmosfera lugubre. Tonalità ai limiti del glaciale capaci di creare una suspense a cui inizialmente si dà poca importanza, se non si conosce la storia legata a Charlie Cullen. Questa atmosfera avvolge lo spettatore, lo imprigiona nei movimenti e nello sguardo. L’oscurità delle scene vede il suo apice quando Amy ha le crisi cardiache. Quand’ella si isola negli angoli più bui dell’ospedale, potendone vedere a volte solo la sagoma, non si percepisce una via di fuga da questa oscurità. Una sensazione che si legge anche negli occhi della protagonista stessa, timorosa di non rivedere le figlie.

Ciò che il film si pone di fare non è analizzare la serie di crimini commessi da Charlie Cullen, né di fare un profilo psicologico di quest’ultimo. Si è voluto evidenziare il lato più calmo e compassionevole del protagonista, senza mai permettere allo spettatore di assistere agli omicidi. Il tentativo di raccontare non una storia di crimini ma di un criminale. Di un uomo che non è nato malvagio, tendendo a dimenticare questo suo lato persino quando lo si vede in manette.

Laureata all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Dal cinema muto a quello contemporaneo, assaporo e rigusto un film dopo l’altro nel tentativo di cogliere ogni particolare possibile, alla costante ricerca di film e registi – odierni e non – da scoprire.