White Noise di Noah Baumbach apre ufficialmente la 79ª Mostra del Cinema di Venezia. Il regista newyorkese ritorna dietro la macchina da presa dopo il successo meritato con “Marriage story” e realizza una commedia “macchiata” di nero, perfettamente inserita nel nostro tempo.
Cos’è un “Rumore bianco”?
Il “White Noise” è quel particolare rumore che viene impiegato per mascherarne altri, vale a dire rumori che si manifestano naturalmente nell’ambiente. E’ un suono caratterizzato dall’assenza di periodicità nel tempo e può essere simile ad un fruscio o ad un soffio.
Recensione del film:
White Noise è un film abbastanza atipico nella filmografia di Baumbach: un soggetto adattato dall’omonimo romanzo del 1985 scritto da Don DeLillo, ambientato nel Midwest, negli anni ’80 e con una famiglia borghese. Jack Gladney (Adam Driver), massimo esperto di Hitler e Babette (Greta Gerwing), una insegnante di ginnastica posturale con ricorrenti vuoti di memoria conseguenza di una strana pillola: La Dylar.

Ritratto di famiglia americana con “tempesta”. Si potrebbe sintetizzare cosi l’ultima fatica di Noah Baumbach che, anche questa volta, ha realizzato un’opera che brilla sul fronte dei dialoghi, analizzando, sotto la lente della macchina da presa, un nucleo famigliare in maniera sarcastica e malinconica.
Il mondo di White Noise non è per niente rassicurante, è colorato solo nelle sue zone-limbo, ma soprattutto è un mondo dominato dall’incertezza che anche noi, come i protagonisti, cerchiamo di mascherare con i nostri personali “Rumori bianchi”.
La paura della morte:
Alla base del film e della psicologia dei personaggi c’è la necessità di “coprire” il rumore causato dai costanti pensieri sulla morte, ma il potenziale di White Noise non si esaurisce solo qui. Baumbach modella in 2 ore una narrazione che è un esplicita alterazione dei nostri giorni: una fotografia in movimento dei nostri ultimi 2 anni, all’interno della quale si muove uno zoo umano dominato da nevrosi, disagi repressi e segreti.
La famiglia è la culla della disinformazione mondiale
-Jack Gladney, Adam Driver
Suddiviso in 3 atti, White Noise è una pastiche di generi legati saldamente dalla maestria di Baumbach, in quello che possiamo definire il suo film più “coeniano” per toni e temi. All’inizio del film il personaggio interpretato da Don Cheadle, durante un monologo afferma che il genere umano ha bisogno delle catastrofi per abbattere il flusso ininterrotto di immagini e informazioni a cui siamo sottoposti, ed ecco che ritorna il concetto di “Rumore bianco”, per Baumbach sembra che tutta le nostre azioni siano finalizzate a creare un sottofondo che contrasti e ci distragga dalla paura più ancestrale e intima di tutte: la morte.
Conclusioni:
Venezia79 si è aperta con uno dei film più interessanti e attesi del Lido, un film da vedere sicuramente nonostante la mancanza di solide strutture coesive nella sceneggiatura. Il film mette un sacco di carne al fuoco, anche troppa e sembra perdere un pò di pezzi lungo tutti i 120 minuti, nulla di troppo penalizzante se pensate al fatto che sia un film super ritmato.
Il mondo di White Noise è sì un mondo incasinato, fatto di suore che non credono al paradiso, Elvis contro Hitler, minacciose nubi neri, flaconcini di farmaci nascosti, complottismo, negazionismo e supermercati coloratissimi che diventano un limbo in cui approdare per non crollare. Il regista, tuttavia suggerisce allo spettatore che le sue speranze sono riposte nelle nuove generazioni che in questo film sono l’elemento più lucido e razionale. Insomma, un avvertimento e allo stesso tempo un monito di speranza.

Studente di scienze della comunicazione dei media e cinema, appassionato di arte in tutte le sue forme specialmente la settima.