Recensione “Non aprite quella porta” 2022: una motosega che fa molto rumore per nulla

Il 18 febbraio il catalogo di Netflix si è aggiornato con un nuovo film nel suo palinsesto: “The texas chainsaw massacre”, un sequel-reboot del capolavoro girato nel 1974 dal maestro Tobe Hooper. Il film è diretto da David Blue Garcia ed è il nono film della saga di Leatherface, personaggio che gli amanti dell’horror conoscono e amano.

The Texas chainsaw massacre è l’insulto (nemmeno) finale al franchise originale, un accozzaglia breve (uno dei pochi pregi) di scene scritte male, interpretate peggio, messe in scena senza alcun tipo di collegamento valido e fotografate in perfetto stile Netflix ormai. Ma andiamo con ordine

Il ritorno di Leatherface:

Siamo di nuovo, ovviamente, in Texas e quattro amici stanno viaggiando verso la cittadina di Harlow per presentare la loro avventura imprenditoriale a potenziali investitori. Infatti due di loro, Dante e Melody, sono celebri influencer che vogliono espandere il loro successo. Dante sta viaggiando con la propria fidanzata e Melody è seguita, un po’ controvoglia, dalla sorella Lila, la più introversa e con uno shock che deve ancora elaborare. Arrivati nella cittadina di Harlow si accorgono che si tratta di una città fantasma, diroccata e spoglia, salvo la presenza di una donna, con un uomo misterioso, incapace di proferire parola, al suo fianco che non vuole abbandonare la propria casa.

Una serie di eventi causeranno la morte della donna e il risveglio doloroso delle pulsioni del proprio protetto che si scoprirà essere Leatherface, Faccia di Cuoio. Nel frattempo, la sopravvissuta alle vicende del 1973, Sally Hardesty, ora diventata ranger texana, è in cerca del serial killer ed è pronta a vendicare i propri amici e il proprio fratello. Dopo cinquant’anni di ricerca, sta per soddisfare il suo desiderio a lungo atteso.

Una motosega e tanto rumore per nulla:

Senza dover rovinare i risvolti di una trama esile, possiamo dire che la scrittura di “Non aprite quella porta” appartiene al grado zero dell’impegno. Il film diventa solo un pretesto per mettere in scena una farsa, caratterizzata da un’estetica completamente Netflix, da un’idea di teen movie glam che nulla ha da spartire con le atmosfere grezze da cui traeva forza il capostipite della saga. Il tutto affiancato a delle scene splatter che sì, sono violente (unico elemento salvabile), ma messe in scena in una maniera che risulta quasi parodistica e dozzinale.

Un sequel non necessario e dimenticabile:

Esistono un sacco di film che fanno dello shock visivo l’elemento portante della pellicola e la storia diventa solo un pretesto per mettere in scena sequenze violente piene di gore, un esempio è “Terrifier“. Il film di David Blue Garcia non riesce nemmeno a rendere indimenticabili le scene più violente perché i personaggi sono talmente monodimensionali che percepiamo chiaramente che si muovono sullo schermo non come esseri senzienti ma come carne da macello, nulla di più. Il regista è incapace di creare tensione e le atmosfere adatte, con errori di grammatica cinematografica seminati lungo tutti gli 88 minuti di pellicola.

Conclusioni:

Da grande appassionato del genere e di cinema mi reputo insultato da questo progetto Netflix che è l’ennesima conferma di quanto sia ormai secondario l’aspetto artistico di una pellicola e si punti quindi ad un pubblico più generalista senza alcuno spirito critico. The Texas Chainsaw massacre è il classico film che viene messo su durante una serata con gli amici, uno di quei film che lasci in sottofondo perchè in realtà non ha nulla di interessante da dire sia all’interno del genere che nel suo contesto storico e che fa di tutto tranne che intrattenere o terrorizzare fallendo cosi anche nei presupposti base che la pubblicità tanto sbandierava. Statene lontani come la peste.

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