
Dopo mesi di attesa, dopo aver solo sfiorato quel fenomeno mistico chiamato Barbenheimer che ha invaso il mondo, finalmente Oppenheimer è uscito nelle sale italiane, riscuotendo un successo fuori da ogni logica. Perché se un mese fa Barbie aveva debuttato sull’onda dell’entusiasmo e della promozione, interrotta subito dopo a causa dello sciopero degli attori, ed era comunque un’opera ‘pop’, nel senso più naturale del termine, il film di Christopher Nolan è tutt’altra cosa. Ecco la recensione di Oppenheimer, la seconda metà dell’evento cinematografico e culturale dell’anno.
La trama | Recensione Oppenheimer
Senza grandi sorprese, il film di Nolan parla principalmente di lui, quel J. Robert Oppenheimer (Cillian Murphy), una delle figure più determinanti del secolo scorso e dell’intera storia dell’umanità. La pellicola (anche perché in questo caso proprio di pellicola si parla) racconta la vita del fisico, dalle sue esperienze universitarie in Europa al progetto Manhattan, passando per il flirt con ideologie e donne comuniste e il rapporto con l’ambiguo Lewis Strauss (Robert Downey Jr.) negli anni della Guerra Fredda, in cui la figura di Oppy (sì, diverse volte lo chiamano così) verrà giudicato con occhi diversi, nonostante il suo fondamentale contributo nella Seconda Guerra Mondiale.
Due film in uno | Recensione Oppenheimer
Nolan sa il fatto suo, non c’è che dire. Nel corso degli ultimi vent’anni, il regista britannico è riuscito a limare il suo cinema in maniera impressionante, avendo a che fare con budget sempre più grandi e di conseguenza ampliando anche le sue ambizioni, il calibro delle sue sfide. Anche sul piano della sceneggiatura, il suo estro è andato in crescendo. A partire da Inception in particolare, ma forse anche da Il Cavaliere Oscuro, la sua capacità di unire la complessità, l’elemento drammatico, l’action e il thriller, il tutto accompagnato da un comparto tecnico e visivo fuori categoria, gli ha permesso di realizzare opere uniche, stratificate ed estremamente intense. Mentre tutti si aspettavano un film sulla nascita della bomba atomica e basta (non che sia poco), proprio qui Nolan ci mette lo zampino, regalando un’ultima ora di film di sublime intelligenza e tensione, capace di farti dimenticare tutto quanto visto in precedenza e allo stesso tempo di farti ripescare ad ogni linea di dialogo il riferimento giusto all’interno del film. Ed ecco che il film storico diventa thriller, dramma psicologico e legale. Senza bisogno di spiegazioni, ma mostrando e basta.

La grandiosità | Recensione Oppenheimer
Nonostante i primi due terzi del film fossero pienamente autosufficienti, è dunque l’ultimo atto a dare quel kick in più per rendere Oppenheimer un capolavoro. Non saltiamo a piè pari quella che è una ricostruzione efficace e realizzata in maniera ottima di uno degli eventi più interessanti del ventesimo secolo. Il percorso che porta al progetto Manhattan è costellato di avvenimenti, personaggi, intrighi politici e non che ai più potranno anche essere noti, ma non erano mai stati trasposti su schermo con tanta maestria. Il tutto confluisce poi a Los Alamos, sede del progetto e degli esperimenti, cuore e climax di questa prima parte di film. La scena del test atomico è struggente, curata nei minimi dettagli e ancora devo capire bene come ha fatto Nolan senza CGI. Nonostante tutti i dialoghi e lo stile impareggiabile del regista, a rubare l’occhio sono sempre scene come questa (ma non solo, ma evitiamo gli spoiler).
Il cast | Recensione Oppenheimer
Li avete letti i nomi sulla locandina? Cillian Murphy, Emily Blunt, Matt Damon, Florence Pugh, Robert Downey Jr. Andrebbero già bene loro, non siete d’accordo? E invece no, perchè nel corso del film spuntano come funghi attori del calibro di Casey Affleck, Rami Malek, Gary Oldman, Kenneth Branagh, Jason Clarke, James D’Arcy e potrei andare ancora avanti. Ognuno di loro lascia il segno, è estremamente incisivo e memorabile. Tre dei cinque attori protagonisti sono comodamente in lizza per una grande award season invernale, probabilmente a rivaleggiare con i compagni in rosa di Barbie. Prevedo già un Robert Downey Jr. vs Ryan Gosling per il miglior attore non protagonista. In un film così tanto denso di dialoghi e di primi piani, era giusto scegliere i migliori e che i migliori facessero il loro dovere. Meglio di così non poteva andare.

Conclusioni
Più ripenso a questo film e più mi piace. Sul momento le informazioni possono risultare travolgenti, un mare di parole, fatti e nomi difficilmente incasellabile alla prima visione. Tuttavia, il film risulta chiaro, lineare, si prende i suoi tempi ma non annoia mai. Oppenheimer riesce ad alternare bene tutti gli elementi che lo compongono, intrattengo lo spettatore e a scioccarlo quando serve. Nel corso del film entriamo nella mente dei protagonisti, viviamo i loro processi psicologici, ponderiamo le stesse domande e dubitiamo degli stessi principi. In queste tre ore si assiste al passaggio dal mondo di prima a quello di oggi, una catena inarrestabile di eventi che ha plasmato la contemporaneità. Nolan è riuscito nell’impresa, quella di raccontare la storia più grande della sua carriera senza sbavature, senza inutili virtuosismi, ma centrando il bersaglio sotto ogni aspetto.
Ritirate le lenzuola.

Studente del corso magistrale di Informazione, Culture e Organizzazione dei Media presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Appassionato di cinema, serie tv e di tutto il mondo dell’audiovisivo.