The Batman: la pessima recensione di un lettore di fumetti poco obiettivo

È dimenticando l’impersonalità che scrivo questo articolo, un articolo poco obiettivo, tantomeno professionale, probabilmente disordinato, prolisso e pregno di retorica. Si parla di The Batman, un film di tre ore su un vigilante miliardario vestito da pipistrello: sembra una barzelletta, molto più di qualsiasi altro eroe in calzamaglia con superpoteri improbabili. Se ne sono visti tanti al cinema, specialmente negli ultimi anni, con una travolgente esplosione del cinecomic, ormai trattato (impropriamente) come un vero e proprio genere cinematografico.

L’anno decisivo a tal proposito fu il 2008, con l’uscita del meraviglioso Hellboy: the golden army di Del Toro, il primo Ironman che segnò l’inaugurazione dell’MCU e infine, guarda caso, Il cavaliere oscuro. In maniera più incisiva degli altri, proprio quest’ultimo dimostrò il potenziale di questo genere, nel bene e nel male (se consideriamo l’operato di Snyder, e non solo, ha fatto più danni della grandine negli anni immediatamente successivi), e a quattordici anni di distanza, lo stesso personaggio torna a dare una scossa ad un panorama cinematografico ormai saturo di film di supereroi. Perché a quanto pare, nel 2022, questi stessi personaggi hanno ancora qualcosa da dire in pellicola.

Tagliando corto, The Batman è il miglior film di Batman mai realizzato, ma non necessariamente il miglior film con Batman. Osando ancora un po’, è il miglior film di supereroi dal recente e meraviglioso The Suicide Squad di James Gun. Che è il miglior film di supereroi dai tempi di Guardiani della Galassia vol.2, che è il miglior cinecomic dai tempi di Super (a quanto pare Gunn è il miglior regista di cinecomic, e non solo, dell’epoca moderna), che a sua volta è il miglior cinefumetto dai tempi di Hellboy: the golden army, Spider-man 2 di Sam Raimi e Hulk di Ang Lee. Prima ancora c’è quel capolavoro di Batman: il ritorno di Tim Burton.

The Batman è un’esperienza quasi erotica, almeno per gli appassionati di fumetti. È il film più fumettoso realizzato sul personaggio, a differenza di quanto molti accusavano dai trailer rilasciati: la sensazione generale era che si trattasse di un Nolan 2.0, una nuova saga batmaniana che ricercasse il realismo a tutti i costi. Ma se nella trilogia de Il Cavaliere Oscuro il realismo millantato nell’approccio narrativo si limitava all’estetica ed alla sfera meramente concettuale, The Batman non ne ha pretese: il realismo è relativo al contesto urbano in cui vengono inseriti i protagonisti, è nella costruzione di un ambiente che possa prestarsi come palco scenico ad una storia che porti il genere noir oltre i limiti della verosimiglianza, così come poteva essere in un fumetto di Denis O’Neil e Neal Adams negli anni ’70. In ambito di confronti, rispetto alla celebre trilogia nolaniana, questo è un film molto più consapevole dei propri personaggi e delle dinamiche in cui li agita disperatamente.

Disperazione è effettivamente la parola d’ordine. Il Batman di Robert Pattinson (il migliore e più completo in quanto personaggio e ad interpretazione visto fino ad ora su pellicola) è un vigilante ossessionato e non un supereroe, una maschera che ha divorato l’uomo che si cela sotto di essa, una crociata che ha superato la motivazione. Gotham City è una città per uomini dalla doppia faccia, ognuno contaminato dal marciume della città stessa. Eppure Bruce Wayne non ha una doppia faccia, il pipistrello gli è perfettamente sovrapponibile: conduce una battaglia senza una direzione e senza la prospettiva di un successo, violenta e disperata. Sotto al mantello si nascondono soltanto cicatrici, è un fantasma rabbioso e vendicativo che deve imparare a tornare alla vita. La città  è sommersa dalla pioggia come fosse il diluvio universale, fatiscente, corrotta fino al midollo, partendo dagli intenti più puri, ormai decaduti da tempo, fino ad un presente plasmato dai fallimenti degli stessi.

A due anni di distanza dall’inizio della guerra di Batman, entrano in scena altre due maschere. Da un lato Selina Kyle, Catwoman, una coprotagonista eccezionale, un’antieroina in bilico tra l’individualismo e la consapevolezza di un quadro ben più ampio. Dall’altro lato, l’Enigmista: un mostro disposto a punire la città, forse più mostruosa di lui, fino a farla affogare nei suoi peccati. Spaventoso proprio perché è il “tizio più intelligente nella stanza”, un pazzo che forse è stato ispirato dal re dei pazzi, il detective con il mantello e le orecchie a punta. Anche lui è come se non avesse un’identità oltre alla maschera, divorato o consacrato ad essa e alla missione che rappresenta, al distorto ideale di giustizia istericamente inseguito.

Questo è Gotham City, questi sono gli uomini che ha partorito. Ma forse la città può salvarsi, forse può redimersi, può ancora trovare speranza, attraverso la violenza, il delirio e la disperazione. Forse il simbolo di questa rinascita può essere proprio un pipistrello.

The Batman è lungo, ma non prolisso. È denso, e non c’è minuto che venga sprecato, tutto ciò che racconta passa attraverso la lentezza: la lentezza dell’avanzamento delle indagini, la lentezza dei movimenti di Batman e la lentezza dei pensieri che si articolano nella sua mente. Nello stesso tempo, ha un ritmo sostenuto e mai discontinuo, poiché ricco di situazioni e dinamiche, di sottotrame e di personaggi, perfettamente distribuiti nell’ampiezza del racconto. La si potrebbe considerare una vera e propria saga concentrata in tre ore di film, il perfetto corrispettivo filmico di un arco narrativo a fumetti.

Viaggia da Batman: Ego del compianto Darwin Cooke ad Anno uno di Frank Miller, dal tanto richiamato Lungo Halloweem di Jeph Loeb a Dark Knight, dark city (mettendo da parte l’esoterismo), passando per storie più urbane e sporche come Città spezzata di Brian Azzarello e Anno 100 di Paul Pope, fino agli approcci più recenti e moderni riguardanti le prime attività del supereroe, su tutti Terra Uno di Jeoff Johns e Anno Zero di Scott Snyder, nel mentre che fa proprio il gusto estetico di Lee Bermejo e David Mazzuchelli.

Questa lista inutile di riferimenti fumettistici solo per sottolineare che Matt Reeves conosce il personaggio e il suo mondo. E soprattutto, oltre a conoscerlo, sa raccontarlo. Muove i propri passi dalla tradizione fumettistica, senza abbandonarvisi ruffianamente e per poi affondare le mani in quella cinematografica, aprendosi in particolare alle contaminazioni del cinema di David Fincher, specialmente nei riguardi di Seven e Zodiac, ma senza citarlo passivamente, piuttosto usandolo per sintetizzare una propria identità. I due film di culto vengono richiamati nell’estetica, nella scrittura dell’Enigmista, un villain a metà tra il John Doe di Kevin Spacey e il killer dello zodiaco, e nell’ambientazione, in una Gotham City che sembra la città anonima di Seven, una città marcia che è mondo e che è viva, resa il mostro che è dalle azioni di tanti piccoli uomini disperati e crudeli.

Al netto di un epilogo dilatato nelle tempistiche, alcune soluzioni più tipicamente fumettistiche che in un film si traducono in superficialità proprie di qualsiasi blockbuster, e di un paio di personaggi sacrificati alla densità del racconto, The Batman è un film che va oltre ogni più rosea aspettativa. La pellicola procede con la narrazione di un vero e proprio noir hard-boiled, facendo proprie in più momenti delle venature horrorifiche, inaspettatamente crudo e violento, sorprendentemente inquietante e spaventoso, intimo e dalla forte carica emotiva, un’esperienza immersiva diretta con gran gusto (si torna al sottovalutatissimo Blood Story, remake del film norvegese Lasciami entrare) e accompagnata dalla magnifica colonna sonora di Michael Giacchino, che non manca di richiamare alcune sonorità del lavoro di Danny Helfman nei film di Burton. Si fa forte di un cast ricco di grandi talenti, dal sempre eccezionale Robert Pattinson (interpretazione elevata da un’espressività che passa dai suoi sguardi) ed un Paul Dano incredibile, ad una Zoe Kravitz magnifica fino a Jeffrey Wright, splendido attore mai celebrato abbastanza, per non dimenticare poi John Turturro e l’irriconoscibile Colin Farrel.

Un cinecomic da antologia, al limite dell’eccellenza, esaltante e intenso, completo e complesso, pieno di carattere ed un perfetto studio sui personaggi. La Dc Comics, abbandonate le pretese di creare un universo cinematografico simil Marvel, trova una propria direzione senza cercarne alcuna, affidandosi non alle ambizioni della concorrenza ma agli autori e alle storie che hanno da raccontare. E fa molto meglio del cinema ormai troppo uniformato della Marvel, osando maggiormente proprio perché non ha più un terreno di gioco in cui confrontarsi con essa.

Un plauso alla regia e alla sceneggiatura di Matt Reeves, che qui trova una grande conferma del suo talento, uno dei migliori registi di blockbuster attualmente in attività. Un plauso alla colonna sonora di Michael Giacchino, grandiosa. Un plauso alla fotografia di Greig Fraser. Un plauso a questo cast di grandi attori e un plauso infine a questo grande cinecomic, nonché grande film. Lunga vita a Batman e lunga vita ai cinecomic che hanno ancora qualcosa da raccontare. The Batman ha molto più di qualcosa.

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