Il panorama seriale in questi anni ci ha offerto tanti grandi momenti e, in questa classifica, proverò ad analizzare i monologhi che sono rimasti impressi nella mia memoria. Momenti di altissima televisione, grandi prove attoriali e stupendi assoli che faticherete a dimenticare. I criteri di valutazione sono le tematiche affrontate, la scrittura, la recitazione, la messa in scena, l’importanza di quel determinato momento nella trama o nella storyline di un personaggio. Elementi imprescindibili per un gran monologo.
20) Tyrion Lannister (Game of Thrones):
Iniziamo la Top con uno dei tanti monologhi di “Game of Thrones” (ce ne saranno molti in questa lista). Il protagonista è Tyrion il quale, in seguito alla fuga di Joffry dal campo di battaglia, assume il comando dell’attacco contro le truppe nemiche. Il suo discorso è di grande impatto proprio perchè abbandona i classici temi basati sull’onore, sulla gloria, sulla fedeltà al Trono. Il nano invita i soldati a combattere per se stessi. Per le loro famiglie, per le loro case e non per fedeltà ad un re codardo che non li guida in battaglia. Conclude esortando i suoi uomini a sterminare l’esercito nemico e andando ancora una volta a portare Game of Thrones su un piano molto concreto e duro, che la distingue nettamente da tutti gli altri pilastri del genere fantasy. La musica che accompagna il discorso è stupenda e conferisce alla scena un tono epico e solenne. Questo momento, inoltre, sarà fondamentale per l’evoluzione del personaggio di Tyrion che continuerà la sua crescita, fino a diventare uno dei migliori soggetti televisivi di sempre.
19) Rick Grimes (The Walking Dead):
La seconda stagione di “The Walking Dead” pone alla base della sua sceneggiatura il dualismo tra Rick e Shane. La tensione crescente tra questi due personaggi è costruita alla perfezione e questo monologo rappresenta l’ultimatum di Rick Grimes all’amico/rivale. Il discorso inizia affrontando il dilemma morale della seconda metà della stagione: cosa fare con Randall? Tenerlo in vita mettendo a rischio la sicurezza di tutti o ucciderlo rinunciando definitivamente ad ogni forma di civiltà?
“Probabilmente dovremo far fuori quel ragazzo. Non può essere così facile uccidere qualcuno, uccidere chiunque… e tu lo sai bene”
In questa frase c’è l’elemento centrale dello scontro fratricida tra i due personaggi. Cosa si è disposti a fare per sopravvivere. Chi dei due è più adatto al nuovo mondo. Rick è il protagonista e riconosce quello che dovrebbe essere fatto, ma non è ancora pronto per seguire la strada di Shane, che si è adattato prima ad un contesto basato sulla violenza e sulla sopravvivenza del più forte. Lo sceriffo continua, marcando il territorio, ribadendo a Shane il suo ruolo nel gruppo e nella sua famiglia e invitandolo a fare definitivamente un passo indietro. La scena è realizzata in modo da porre Rick in uno stato di superiorità e le inquadrature sono studiate per farlo apparire in una posizione di potere rispetto all’interlocutore, che non può mai davvero intervenire. La postura di Rick, che gli sta di fianco, sembra chiudere ad ogni interazione. È un ultimatum a tutti gli effetti. Il monologo è seguito dalla famosa sequenza della macchina da cui Shane vede un vagante, solo in un campo, per una delle scene più iconiche dell’intera serie.
18) John Locke (Lost):
Sappiamo tutti come “Lost” ha cambiato la storia delle Serie Tv, fin dall’ormai lontano 2004. L’opera di Damon Lindeloff basò gran parte della sua attrattiva sul contesto selvaggio e misterioso dell’isola, ma a rendere così straordinaria la serie fu la scelta di creare personaggi estremamente profondi attraverso i flashback, sulla base delle loro storie precedenti all’incidente. Charlie è un tossicodipendente e chiede a John Locke di avere indietro l’eroina che gli aveva tolto, ma quest’ultimo gli spiega, attraverso la metafora della falena, che sarebbe troppo facile per Charlie stare meglio riavendo subito la roba. Finito l’effetto della nuova dose, tornerebbe a stare male e non sarebbe abbastanza forte da sopravvivere, dopo essere stato agevolato. Il monologo è un invito a non accontentarsi, a scegliere la strada più difficile per diventare più forti. Questo monologo conferisce ancora più fascino ad un personaggio sfaccettato e complesso come quello di Locke che, in questo modo, impedisce a Charlie di perdersi definitivamente.
17) Papa Pio XIII (Young Pope):

Il genio di Sorrentino ha dato vita ad una serie coraggiosa, irriverente, provocatoria e il personaggio di Papa Pio XIII (Jude Law) incarna alla perfezione l’essenza di “the Young Pope”. Questa serie è ricca di monologhi lunghi e pieni di significato, ma ho scelto di inserire in questa top il più atipico e interessante, fatto da Pio XIII in presenza del Presidente del Consiglio. Un monologo che porta la figura del Papa su un piano più concreto, terreno, dando risalto all’importanza politica del pontefice e al suo peso, anche in un momento di difficoltà per la Chiesa. Un monologo sferzante, accompagnato da una musica stimolante e perfetta per mettere in luce l’intelligenza di Pio XIII e il suo essere inattaccabile.
“Un discorso molto convincente. Convincente e stupido. come tutti i discorsi dei politici aggiungerei e, soprattutto, totalmente inapplicabile. Adesso, se le interessa ascoltare me, io le dimostrerò che Dio esiste e come io e Dio siamo in grado di annientare quel 41% della popolazione che adesso la fa sentire così allegro e pieno di sé. Negli anni 60, i tanti giovani che scendevano in strada a protestare vomitavano ogni genere di eresia. Una non lo era però: potere all’immaginazione. Su quello avevano ragione. L’unico problema è che loro non avevano immaginazione e neanche lei. Ma io e Dio ne abbiamo tanta, io e Dio, semplicemente, grondiamo immaginazione. Adesso lei provi a immaginare questa situazione con me. Tra sei mesi, in Italia, si terranno le elezioni. Lei in questo caso deve confermare o aumentare il sue 41%, ovvero il suo elettorato e, al momento, è probabile che lei confermerà il suo 41%. Immagini però che poche settimane prima delle elezioni arriva un annuncio: il Papa Pio XIII ha deciso di apparire in pubblico, ed è la sua prima volta, per parlare ai cattolici italiani. Oh, quale morbosa curiosità, il mondo intero sta morendo dalla curiosità. Una reazione tutt’altro che sorprendente. È normale, tutti vogliamo vedere quello che si nasconde, tutti vogliamo guardare in faccia quello che è proibito. Pio XIII appare con i suoi splendidi occhi azzurri e la sua bocca rotonda e morbida. Un’ immagine abbagliante e così abbagliante che fa diventare ciechi. Un’ immagine di grande potenza, un’ immagine suggestiva, un po’ come quella di Cristo. Ma Pio XIII non si limita ad abbagliare, lui offre rassicurazione ai suoi fedeli con un discorso assolutamente magnifico, pieno di citazioni in latino. Dice loro che i credenti i fedeli non hanno di che temere. E cosa avrebbero da temere con un Papa che è bello e rassicurante al pari di Gesù Cristo? E per finire, poche settimane prima delle elezioni, il Papa dice ai cattolici due sole parole: non expedit. Lei lo sa cosa vuol dire? Certo che non lo sa, è troppo giovane. Il “non expedit” fu inaugurato da Pio IX nel 1868 e poi eliminato da Benedetto XV nel 1919. Ma indovini cosa posso fare io? Il Papa, che non deve dare conto al 41% degli italiani, ma soltanto a Dio che, per capirsi, non è uno che si mette a protestare sui social network se il Papa fa errori, indovini cosa può fare? Il Papa può ripristinare il “non expedit”. I cattolici si precipitano a cercarne su Google il significato, ma che cosa vuol dire? Il “non expedit” vuol dire che il Santo Padre decreta che è inaccettabile per un cattolico andare a votare alle elezioni italiane. E lo sa che cosa ci dicono gli stessi studi che lei commissiona? Ci dicono che il numero di italiani che si identificano come cattolici rappresenta l’87,8% di tutta la popolazione. Ora, lei magari mi dirà che potrebbero disobbedirmi, vero, ma mentre un cattolico potrebbe disobbedire al Papa, non disobbedirebbe mai a Cristo. Sono già il primo, ma mi creda, se lo voglio, posso riuscire facilmente ad accreditarmi anche come il secondo. E, quando lo farò, lei perderà le elezioni. Ecco come funziona. Poichè lei pesca il 31% dei suoi voti dall’elettorato cattolico, rimedierà solo un misero 10%. Signor Primo Ministro, dia un’occhiata a questo specchio. Cosa vede? Io, dal canto mio, vedo due eventi mediatici. Uno dei due è già avvenuto, ed è lei. Il secondo invece sta per avvenire. E dunque, avendo di fatto dimostrato a lei l’esistenza di Dio, avrei terminato”.
16) Ragnar Lothbrok (Vikings):
Siamo a metà della quarta stagione di Vikings quando, in seguito al salto temporale dopo la disfatta di Parigi, Ragnar torna a Kattegat, dove trova un clima ostile, freddo e i suoi figli cresciuti. Torna come Re, dopo aver abbandonato il suo popolo e la sua famiglia e, in quanto legittimo sovrano, sfida i suoi figli ad ucciderlo per prenderne il posto. Il monologo sembra scaturire dalla voce interiore di Ragnar, dalla sua coscienza, dalla sua vergogna. L’interpretazione di Travis Fimmel è sublime e la sua sola presenza scenica riesce a conferirgli un’ aura di potere e imponenza anche da re sconfitto. La musica è perfetta e la recitazione di ogni membro del cast rende la scena estremamente realistica e credibile.
15) Jesse Pinkman (Breaking Bad):
Aaron Paul è Jesse Pinkman e Jesse Pinkman è Aaron Paul. A rendere così grandioso il personaggio di Jesse in “Breaking Bad” non è stata soltanto la sua scrittura eccellente, ma anche l’interpretazione viscerale dell’attore statunitense. Da questo suo monologo sull’autoaccettazione emergono tutte le fragilità del personaggio di Jesse, che non riesce a sostenere il peso di tutto ciò che ha fatto nel corso delle stagioni e raggiunge l’apice della sofferenza con l’omicidio di Gale. Jesse non riesce a conviverci e sfoga la sua rabbia in questo discorso fatto ad una seduta di terapia di gruppo, ribadendo quanto sia futile accettarsi senza che si sia ristabilito un ordine, una parvenza di giustizia che non dovrebbe derivare dall’autoaccettazione, ma dalla punizione. La recitazione di Aaron Paul è straordinaria e la versione italiana, doppiata da Francesco Pezzulli è altrettanto incredibile.
14) Robert Ford (Westworld):
L’intero monologo di Robert Ford, sul libero arbitrio, è una grande metafora di ciò che la serie Westworld ha portato sullo schermo nel 2016. Protagonista della sequenza è l’affresco di Michelangelo “Creazione di Adamo”. Il momento di cui Dio dà agli uomini la vita e uno scopo. Ma Ford, interpretato dal solito, straordinario Anthony Hopkins, parla di un altro significato, qualcosa di più profondo, legato all’iconografia, una metafora. O forse una menzogna. Michelangelo raccontò una bugia. Nascosto in piena luce c’è il cervello umano. Il messaggio è che il dono divino non proviene da un potere superiore, ma dalla nostra mente. Questo messaggio è lo stesso messaggio che Ford manda all’androide Dolores. La strada per il raggiungimento della coscienza è nella programmazione stessa dell’androide (nascosta nelle ricordanze). Riconoscere fin da subito la coscienza di Dolores avrebbe distrutto i sogni di Ford. I residenti erano prigionieri del suo sogno, ma anche lui, proprio come Michelangelo, raccontò una bugia quando creò Westworld. E così, la verità nascosta in piena luce nel parco è che le persone che ne fruiscono sono statiche, destinate a restare perennemente schiave dei loro desideri. Sono i veri robot. Mentre, a poter cambiare, sono proprio i residenti, perchè Ford li ha creati così, nascondendo in loro il dono divino. La coscienza.
13) Ditocorto (Game of Thrones):
Non poteva mancare il biglietto da visita di uno dei più grandi cospiratori di Westeros. Questo monologo di Petyr Baelish “Ditocorto” nasce come uno dei tanti dialoghi tra lui e Lord Varys, ma nella seconda metà Baelish prende il controllo, spiegando quella che è a tutti gli effetti la sua storia, il suo modo di essere. Ditocorto parte dal caos, lo sfrutta, lo crea e approfitta delle situazioni di confusione e di precaria stabilità per insinuarsi nei centri di potere e accrescere il suo status sociale. Lui parte dai bassifondi di Westeros, da una casata minore e lentamente, ma inesorabilmente dà il via ad una scalata sociale che lo porterà a far parte del Concilio Ristretto di Approdo del Re, a diventare Maestro del Conio e successivamente Lord Protettore della Valle e di Nido dell’Aquila. L’altra faccia della medaglia sono le azioni orribili che gli hanno consentito di compiere quest’ascesa: dall’omicidio di John Arryn, alla creazione del conflitto tra Stark e Lannister. Dal tradimento nei confronti Ned Stark all’assassinio di Lysa Tully. Per non parlare della manipolazione di Sansa. Ditocorto è uno dei personaggi più freddi, calcolatori e cinici di Game of Thrones e questo monologo, accompagnato da un montaggio e una colonna sonora eccellenti descrive alla perfezione la sua filosofia e la sua ambizione. Il Caos è una scala e solo in pochi sono in grando di approfittarne. I più cadono e sono spezzati dalla caduta (Ross). Altri rifiutano di salire in quanto ancorati a valori fittizi incompatibili con il potere (onore-Ned Stark). Tutto ciò che conta è la scala. E Ditocorto sa come salire. Il suo obiettivo più alto? Il Trono di Spade.
12) Rust Chole (True Detective):
Eccolo, l’indimenticabile monologo (/dialogo) di presentazione di Rust Cohle in “True Detective“. Un capolavoro di scrittura attraverso il quale impariamo a conoscere le prime sfumature del personaggio di Matthew McConaughey. Rust è un pessimista e crede che la coscienza umana stessa sia un errore della natura, un tragico passo falso dell’evoluzione. Ciò ha portato l’essere umano ad essere troppo consapevole di se stesso, a credere di essere importante quando in realtà rappresenta un frammento insignificante della realtà. Cohle arriva ad affermare che gli esseri umani dovrebbero smettere di riprodursi e giungere all’estinzione per sottrarsi alla sofferenza e alla condanna di essere in vita. Allo stesso tempo riconosce l’impossibilità di una simile soluzione proprio per via della programmazione dell’essere umano a sopravvivere e dell’assenza della predisposizione al suicidio e la conclusione è che gli esseri umani sono condannati. Questo è il terribile, segreto destino della vita stessa. Siamo in trappola. Prigionieri di un incubo nel quale continuamo a svegliarci. Altri monologhi di Cohle completeranno il quadro della sua filosofia esistenzialista, come per esempio quello sulla Teoria M. “True Detective” non è solo una serie tv, è un’ immersione nella psiche umana ed è proprio attraverso il personaggio di Cohle che la Serie porta avanti le tematiche che ha più a cuore. E che dire… Matthew McConaughey è un eccellente tramite.
11) Elliot Alderson (Mr Robot)
“Mr Robot” è una serie ricca di monologhi. Sia reali che nella testa del protagonista Elliot, ma questo in particolare è qualcosa di strepitoso. Non tanto per i contenuti, che oggettivamente non presentano argomenti o tesi particolarmente originali, quanto per la messa in scena. L’atmosefera che si respira è malata, claustrofobica, cupa, la fotografia è oscura e l’illuminazione su Elliot conferisce alla scena un tono quasi onirico. Il protagonista si lascia andare ad una potente confessione su Dio e sulla religione in generale, sul controllo che questa va a creare sulla mente delle persone e l’interpretazione di Rami Malek è inquietante al punto giusto. La musica in sottofondo conferisce un’ aura di tensione al tutto, rendendo questo monologo terribilmente affascinante e magnetico. La conclusione poi con quel “Che si fotta Dio. Non è un capro espiatorio alla mia altezza” è da pelle d’oca…
Presto la parte 2 della Top…
Appassionato di cinema e serie TV