Come annunciato nell’articolo precedente (se non lo avete letto cliccate qui), la presente classifica non è strutturata in modo gerarchico, l’ordine è casuale e ogni pellicola inserita può presentare una recensione più approfondita che potrete recuperare sempre partendo da questo articolo.
9) Titane di Julia Ducornau (2021):

Poteva mancare, in una retrospettiva sul meglio del 2021, il film vincitore del festival di Cannes? Certo che no. “Titane” è il secondo lungometraggio della regista francese Julia Ducornau che nel 2016 aveva realizzato “Raw”, un coming of age che fondeva il body-horror cronenberghiano con i cannibal movie. Con Titane la regista francese alza l’asticella e si porta su territori già esplorati, ma aggiornando il discorso in chiave moderna. La trama dell’ultimo film della Ducornau è semplicissima: una ragazza resta incinta della propria macchina. Stop. La fusione uomo/macchina è un tema trattato già da Tsukamoto e da Cronenberg e in questo panorama Julia Ducornau si inserisce a gamba tesa creando un film unico, carnale, grottesco che sfocia spesso e volentieri nella presa in giro volontaria verso lo spettatore. Chi ha in grembo la protagonista? un nuovo messia o uno scherzo della natura?
Se volete approfondire il film, leggete l’articolo completo qui.
8) Limbo di Soi Cheang (2021):

E’ un dato ormai abbastanza scontato ma è bene ribadirlo: il cinema orientale è, attualmente, il miglior cinema esistente e questo Limbo ne è l’ennesima esemplificazione chiarificatrice. Il film di Soi-Cheang è un Noir, in un bianco e nero sporco e dominato perennemente da una pioggia che cade sui bassifondi della città, terrorizzata da un serial killer che ha come modus operandi il lascito sulla scena del crimine di arti mozzati. Limbo è una parabola discendente nella psiche umana dei personaggi presenti nel film, tutti accomunati da un passato oscuro e irrisolto. Il regista Soi-Cheang con questa opera visivamente spiazzante riporta il cinema di Hong Kong all’attenzione del grande pubblico, mostrando di aver appreso le lezioni dei suoi registi più importanti da John Woo a Johnnie To.
Anche per questo film c’è un approfondimento più lungo qui.
7) Last Night in Soho di Edgar Wright (2021):

Presentato fuori concorso a Venezia 78, l’ultima fatica registica di Edgar Wright è il film che lo consacra definitivamente nel panorama dei registi giovani più promettenti e interessanti. Il regista de “La triliogia del Cornetto” ci ha regalato un film che incanta i suoi personaggi e gli spettatori. Un film che ha un comparto visivo che lascia a bocca aperta e dei movimenti di macchina sempre funzionali alla narrazione (es: il piano sequenza della danza in cui si alternano Thomasine Mckenzie e Anya taylor-joy). Last Night in Soho è un thriller coloratissimo che viaggia su due linee temporali alternando parallelamente la londra moderna e quella della metà degli ’60. Una storia macabra sottende la narrazione divenendo un Macguffin che dà la possibilità al regista di indagare l’adolescenza, i sogni e le speranze della nostra generazione che non sono poi cosi tanto diverse dalle speranze delle giovani ragazze nella Swinging London. Un film che può apprezzare chiunque: sia il cinefilo medio, sia il neofita, sia chi guarda al cinema come mero intrattenimento. In una parola: un film prezioso.
Recensione completa qui.
6) Gaia di Jaco Bower (2021):

Gaia è un Echo-Horror che in questo 2021 si è distinto per originalità ed eleganza. Una guardia forestale ferita in una missione di routine viene salvata da due appassionati della natura. Quello che inizialmente è un gradito salvataggio diventa sospetto quando il figlio e il padre rinnegato rivelano una devozione ossessiva per la foresta. Gaia è un film importantissimo e perfettamente inserito nella nostra epoca, con la minaccia del riscaldamento globale che incombe, il regista decide di non rendere dozzinale la critica all’uomo e allo sfruttamento della natura, offrendo tanti spunti e sottotesti interessantissimi. La natura presente in Gaia è viva, vendicativa e punitiva, una sorta di entità che assorbe gli intrusi che alterano artificialmente il suo equilibrio ed ecosistema. Jaco Bower alla regia crea dei quadri che restano impressi alla prima visione ed è qui che il film offre il suo picco: nella sezione priva di dialoghi, perchè in Gaia le immagini raccontano più delle parole, proprio come fa il Cinema.
5) La persona peggiore del mondo di Joachim Trier (2021):

Altro film presente lo scorso anno a Cannes, altra perla passata inosservata. Joacquim Trier è al suo quinto lungometraggio e dimostra di saper fare un tipo di cinema che strizza l’occhio agli americani, molto meglio degli americani. Il regista norvegese del bellissimo “Thelma” realizza la più bella NON storia d’amore del 2021, confezionando un coming of age mai banale e scontato e con delle soluzioni registiche da vero veterano. La persona peggiore del mondo racconta della trentenne Julie, millenial che attraversa tutte le fasi esistenziali tipiche della sua generazione. Tra continui cambi di percorso universitario, prima medicina, poi psicologia ed infine fotografia per ritrovarsi poi a lavorare in una libreria, a cui corrispondono altrettante relazioni sentimentali, il filo conduttore sembra risiedere in quell’irrequietezza e impossibilità di stabilità che almeno secondo Trier sono elementi comuni alle vite dei quasi trentenni di oggi. Ma la definizione identitaria e la ricerca del proprio posto nel mondo sono raccontate da Trier epurate di qualsivoglia turbamento emotivo o scossone esistenziale. Nessun dramma, nessun pentimento, nessuna crisi di coscienza, nessun tipo di didascalismo tipico dei prodotti medi che sforna Hollywood oggi. Da vedere, per forza.
4)E’ stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino 2021:

L’ultimo film di Paolo Sorrentino è un personalissimo Amarcord fatto con grande cuore. Sorrentino abbandona i suoi artifici pomposi e si abbandona in una pellicola equilibrata sul piano di scrittura e di regia. E’ stata la mano di Dio è una lettera visuale di 2 ore di Paolo Sorrentino al cinema, alla sua famiglia e a se stesso.
Articolo dettagliato e completo qui.
3) Benedetta di Paul Verhoeven (2021):

Paul Verhoeven non delude mai. Il suo Benedetta è l’ennessima frecciatina al pubblico e al suo bigottismo. Un film blasfemo per molti ma che sotto la sua superficie nasconde molto di più e se deciderete di guardarlo sappiate che vi state accingendo a guardare qualcosa che probabilmente vi turberà, facendovi sentire “sporchi”. Benedetta è un film esplicitamente provocatorio che attraverso uno sguardo autoriale dice molte cose in maniera diretta e chiara: Gesù è il nostro supereroe, la fica la nostra religione.
recensione completa qui.
2)France di Bruno Dumont (2021):

Avete presente “Don’t Look Up” giusto? France di Bruno Dumont è la sua versione più bella, più forte, più matura e per un pubblico meno generalista. Un vero capolavoro di questa annata, con una Lea Seydoux onnipresente in ogni frame. Dopo aver raccontato in un dittico vita, opere e morte di Giovanna d’Arco, Bruno Dumont torna al Festival di Cannes in concorso con France, messa al berlina del sistema mediatico e politico occidentale che nasconde al proprio interno la feroce disamina di una nazione (la Francia) che non sa confrontarsi davvero con il reale, con la sua violenza, con la sua infinita bassezza. Apologo beffardo che fonde al proprio interno le diverse anime del cineasta piccardo, France è un’opera essenziale che ha il coraggio di squarciare il velo d’ipocrisia dell’immagine ammansita ed edulcorata. Un film importantissimo che non dovete farvi scappare per nessun motivo.
1) Follie porno o sesso sfortunato di Radu Jude (2021):

Il miglior film del 2021 ha la firma di Radu Jude, che ci sbatte in faccia una riflessione ferocissima sull’ipocrisia della nostra società odierna attraverso una decostruzione del mezzo cinematografico stesso. Bad Luck Banging or Loony Porn segue la vicenda di Emi (Katia Pascariu), stimata insegnante scolastica che all’improvviso vede la sua carriera e la sua reputazione a rischio dopo che un suo video hard esplicito (che vediamo anche noi come prologo) è trapelato su Internet. L’acuta e irriverente riflessione del regista rumeno, capace di firmare un film apparentemente anarchico e folle, in realtà lucidissimo e controllato: diviso in capitoli (1. Strada a senso unico; 2. Breve dizionario di aneddoti, simboli e meraviglie; 3. Prassi e allusioni; 4. Tre possibili finali) è di una attualità sconvolgente (si pensi ai moltissimi casi di revenge porn che popolano le nostre cronache, in ultimo la vicenda della maestra torinese), girato subito dopo il primo lockdown, il film ritrae dapprima il girovagare di Emi nel caos di una Bucarest polverosa e nevrotica (litigi alle casse del supermercato, litigi per mascherine non indossate a dovere, litigi per macchine posteggiate sui marciapiedi, e via dicendo), poi – grazie ad un intermezzo insieme grottesco e potentissimo – passa in rassegna le storture e le ipocrisie di una Romania impresentabile dal punto di vista storico, politico, sociale, dove le bassezze di usi e costumi improponibili hanno finito per assumere lo status più elevato di “folclore”. Un capolavoro.

Studente di scienze della comunicazione dei media e cinema, appassionato di arte in tutte le sue forme specialmente la settima.